ll debitore, sia “imprenditore”, sia “professionista”, sia “consumatore”, può essere liberato dai debiti in virtù dell’inesigibilità nei suoi confronti dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura che prevede la liquidazione dei beni. Il nuovo “codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza ” offre una veste rinnovata alla “esdebitazione”, ampliando anche l’ambito soggettivo dell’istituto in deroga al principio di cui all’art. 2740, co. 1, cod. civ. sulla responsabilità patrimoniale.
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Il “codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza ” (d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, di seguito “codice”) offre una veste rinnovata all’istituto dell'”esdebitazione” (NOTA 1). Tale istituto è stato introdotto nel sistema giuridico italiano con il d. lgs. n. 5 del 2006, al quale si deve la riscrittura dell’art. 142 della Legge Fallimentare (R. D. 16 marzo 1942, n. 267), tuttora vigente sino a quando non entrerà in vigore la nuova disciplina del “codice” (agosto 2020).
Per cercare di cogliere, se non la ratio, il senso dell’istituto, l’atteggiamento più proficuo è però di continuare a rifarsi, anche dopo le innovazioni del “codice”, alla relazione ministeriale al d.lgs. n. 5 del 2006, riconoscendo in via generale alla normativa sull’esdebitazione la finalità di recuperare l’attività economica del debitore per permettergli un nuovo inizio, una volta azzerate tutte le posizioni debitorie; in lingua inglese si suol dire: “to make a fresh start in life”. Neppure è assente nel “codice” l’idea originaria di dare al debitore “onesto ma sfortunato” una sorta di “premio”, o almeno l’incentivo a tenere, sia prima sia durante la procedura, una condotta irreprensibile tesa a salvaguardare le aspettative di soddisfacimento dei creditori.
La L.F. prevedeva (e oggi ancora prevede) espressamente che l’esdebitazione può essere richiesta esclusivamente dalla “persona fisica”, quindi dal titolare della ditta individuale sottoposta a fallimento o dai soci illimitatamente responsabili della società fallita; sono pertanto escluse dall’esdebitazione le società di capitali sottoposte alla procedura fallimentare. Il 2° comma dell’art. 142 individua poi come presupposto dell’istituto che il fallito, cui si richiedeva un comportamento “secondo buona fede”, abbia provveduto a pagare, almeno parzialmente, i creditori concorsuali.
La Legge n. 5 del 2006 non riguardava i soggetti non suscettibili di fallimento; a questi ultimi si rivolse un’apposita normativa, inaugurata dalla Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (successivamente integrata e modificata), che introduceva apposite procedure miranti a riguardare i soggetti non fallibili e le “situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali”. La disciplina attualmente vigente dell’esdebitazione accosta alla “liquidazione fallimentare” una “liquidazione patrimoniale” concernente i soggetti che non posseggono i requisiti previsti dall’art. 1 della L.F. (si pensi al piccolo imprenditore, all’imprenditore agricolo, al professionista, al consumatore) e non sono quindi assoggettabili al fallimento. Anche a questi ultimi soggetti l’art. 14 terdecies applica un principio analogo a quello previsto dagli artt. 142 e 143 della L.F.: il principio della liberazione dei debiti residui nei confronti dei creditori, quando quei crediti siano sorti in epoca anteriore alla procedura e siano rimasti insoddisfatti.
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Nuove prospettive per l’istituto della esdebitazione si sono aperte con la legge 19 ottobre 2017, n. 155, con cui il Parlamento ha delegato il Governo a riformare le discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza: la normativa di attuazione è contenuta nel d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (c.d. “codice della crisi e dell’insolvenza”) destinato a entrare in vigore il 15 agosto 2020, dopo la vacatio legis di diciotto mesi prevista per il “codice” stesso nel suo complesso.
La logica che presiede all’istituto dell’esdebitazione, accolto, con novità rispetto al passato, nel “codice della crisi e dell’insolvenza” (capo X, sezione I, artt. da 278 a 283) si inserisce perfettamente nel quadro generale di un testo normativo volto a valorizzare la finalizzazione al recupero della capacità dell’impresa di rientrare, ristrutturata e risanata, nel mercato, con una proposta di cambiamento, anche culturale, nella disciplina della crisi. Il fenomeno esdebitatorio continua, però, ad andare oltre la stessa considerazione della fattispecie “impresa”: destinatario della normativa è non solo l’”imprenditore”, la cui nozione va intesa nella sua più ampia accezione, ma anche il “professionista” e addirittura il “consumatore”. Fin dalla Legge di delega (art. 8, co. 1, lett. c) appare evidente la novità più importante quanto ai beneficiari: possono richiedere l’esdebitazione anche le società di capitali sottoposte alla procedura della liquidazione giudiziale, non più solamente le persone fisiche.
Quanto all’estensione dell’istituto dell’esdebitazione, rimane fermo il riferimento sia alla “liquidazione giudiziale”, che sostituisce, nel quadro generale del “codice”, la “liquidazione fallimentare”, sia alla “liquidazione controllata”, che è in pratica la nuova denominazione della “liquidazione patrimoniale”.
Le norme chiave per comprendere il fenomeno sono il primo e il terzo comma dell’art. 278 del “codice”.
Il primo comma dell’art. 278 formalizza in termini giuridici l’attribuzione del beneficio della liberazione dai debiti residui presentando la deroga al principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740, comma 1, cod. civ. (“Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”) come “inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura concorsuale che prevede la liquidazione dei beni”. Del resto, già quando si presentò nella “legge fallimentare” (art. 142) la “valenza premiale” fu individuata come evidente eccezione all’art. 120 L.F., che prevede la possibilità in capo ai creditori rimasti insoddisfatti di “riacquistare il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei crediti”. Il riferimento all’”inesigibilità” nei confronti del debitore significa che non si può parlare di “estinzione del debito”. E infatti il comma sesto dell’art. 278 chiarisce che “sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti dei coobbligati e dei fideiussori del debitore, nonché degli obbligati in via di regresso”.
Il terzo comma dell’art. 278 disciplina il profilo soggettivo e recita: “Possono accedere all’esdebitazione, secondo le norme del presente capo, tutti i debitori di cui all’art. 1, comma 1”. Il riferimento in quest’ultimo contenuto è al “debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato o degli enti pubblici”. È una platea di interessati assai più ampia di quella individuata originariamente dall’art. 142 della Legge Fallimentare, che riservava il beneficio dell’esdebitazione al “fallito persona fisica”.
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Passiamo ora ad esaminare più nel dettaglio le disposizioni sull’esdebitazione come modificate dal “codice”.
Ambito di applicazione
Sono interessate dall’esdebitazione le procedure concorsuali disciplinate dal “codice”, nelle quali è prevista la liquidazione dei beni del debitore: la Sez. I del Capo X distingue la “liquidazione giudiziale” e la “liquidazione controllata”. Possiamo dire che il “codice” presenta una evidente continuità con l’impostazione implicita contenuta nella legislazione del 2012 che proponeva (e propone ancora oggi, essendo attualmente in vigore) tre modelli di procedure di sovraindebitamento confrontabili con la procedura fallimentare. Cambiano le denominazioni ma “la ristrutturazione dei debiti del consumatore” (riservata al consumatore e al socio illimitatamente responsabile che intenda ristrutturare i propri debiti personali), il “concordato minore” (riguardante “l’imprenditore minore” e gli altri soggetti che non siano consumatori) e la “liquidazione controllata del sovraindebitato “ (caratterizzata da requisiti soggettivi di accesso indifferenziati, avendo come presupposto la situazione di sovraindebitamento) (NOTA 2) replicano gli istituti introdotti nel 2012 (“piano del consumatore”, “accordo di composizione della crisi”, “liquidazione del patrimonio”) (NOTA 3).
Il nuovo “codice” segue la stessa prospettiva: solo per la “liquidazione controllata” sono previsti “condizioni e procedimento” della esdebitazione che affiancano quelle previste per la “liquidazione giudiziale” (NOTA 4).
Beneficiari dell’esdebitazione
Sta qui la vera e propria novità della disciplina del “codice” rispetto al passato: come abbiamo visto, possono essere beneficiari dell’esdebitazione soggetti diversi dalle persone fisiche titolari della ditta individuale sottoposta al fallimento e dai soci illimitatamente responsabili delle società di persone.
Sono inoltre previste condizioni temporali di accesso (art. 279) e condizioni vere e proprie (art. 280).
Quanto alle condizioni temporali: il termine per il conseguimento del beneficio della esdebitazione è stabilito in tre anni dalla data in cui il Giudice dispone l’apertura della procedura di esdebitazione; l’esdebitazione può essere riconosciuta nel provvedimento di chiusura, quando la chiusura stessa avvenga prima del decorso dei tre anni. Il termine triennale viene ridotto a biennale se il debitore ha proposto tempestiva istanza di composizione assistita della crisi.
Quanto alle condizioni di accesso all’esdebitazione: il debitore deve aver tenuto una condotta collaborativa nei confronti della procedura, non aver beneficiato in passato dell’esdebitazione per più di due volte (la normativa richiede anche che siano passati più di cinque anni dalla concessione dell’ultima esdebitazione), non aver distratto attivo, esposto passività inesistenti o aggravato il dissesto, non aver ricevuto condanne per specifici reati. Tali condizioni devono sussistere anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e dei legali rappresentanti.
Procedimento di esdebitazione
L’esame della normativa del “codice” relativa al procedimento esdebitatorio mostra notevoli cambiamenti rispetto al passato, che confermano l’opinione, generalmente manifestata, che siamo ormai di fronte a una logica unitaria, valida per tutte le ipotesi di crisi e di insolvenza. Anche la “liquidazione giudiziale”, che prende il posto della “procedura fallimentare” prevista dalla L.F. rientra nella previsione generale.
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È possibile concludere l’esame dell’esdebitazione così come è disciplinata nel “codice” con alcune osservazioni che, se sono talora almeno in parte ripetitive di considerazioni già fatte, nel loro complesso possono servire a chiarire le “linee guida” dell’istituto.
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Le norme sull’esdebitazione contenute nel “codice” sono destinate a entrare in vigore il 15 agosto 2020, dopo la vacatio legis di diciotto mesi prevista per il “codice” stesso nel suo complesso. Inoltre, la legge 8 marzo 2019, n. 20, pubblicata lo scorso aprile, contiene una delega al governo per adottare, nell’arco di due anni, “disposizioni integrative e correttive” dei decreti legislativi attuativi “della delega per la riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza”. In questo quadro di incertezza temporale dovrà essere valutata anche la recente direttiva (UE) 2019-2023 del 20 giugno (NOTA 8) che contiene il riferimento alla esdebitazione già nell’intitolazione e nel primo “considerando” nomina l’istituto, con riferimento all’obiettivo del “corretto funzionamento del mercato interno “. Nella direttiva è fissato il termine del 17 luglio 2021, peraltro prorogabile di un anno, per l’attuazione da parte degli Stati membri dell’UE. L’ importanza del nuovo provvedimento unionale non può essere sottovalutata, dato che la riforma della materia contenuta nel “codice” è stata in larga misura incoraggiata dalle sollecitazioni provenienti dall’ Unione Europea Sul tema che ci interessa possiamo dire che i “considerando” della direttiva mettono in luce: la centralità dell’istituto della esdebitazione nel sistema; la necessità che le procedure di allerta collegate siano veloci; l’importanza di una armonizzazione nelle legislazioni dei vari Stati membri; l’esigenza di predisporre “norme sostanziali minime per le procedure che portano alla esdebitazione dei debiti contratti dagli imprenditori”.
A prima vista, sembrerebbero però presenti anche per questo istituto aspetti forse eccessivi di cautela testimoniati da una enorme presenza di verbi al condizionale nei “considerando” e dalla molteplice utilizzazione, nelle norme, del verbo “potere” (“Gli stati possono…”) rispetto al verbo “dovere” (“Gli Stati devono…”). Il “considerando” n. 21 sembra un significativo esempio di tale cautela. La frase iniziale è questa: “Il sovraindebitamento del consumatore è un problema di grande rilevanza economica e sociale ed è strettamente correlato alla riduzione dell’eccesso di debito”. Questa è però la conclusione: “Pertanto, sebbene la presente direttiva non contenga norme vincolanti in materia di sovraindebitamento del consumatore, sarebbe opportuno che gli Stati membri applicassero al più presto le disposizioni della presente direttiva sull’esdebitazione anche al consumatore”. Difficile davvero immaginare che una esortazione così congegnata possa risolvere il problema che il “considerando” esprime in questi termini: “Spesso non è possibile distinguere chiaramente tra debiti maturati in capo all’imprenditore nell’esercizio della sua attività o quelli maturati al di fuori di tale attività. Gli imprenditori non godrebbero efficacemente di una seconda opportunità per liberarsi dai debiti legati all’impresa e da altri debiti maturati al di fuori dell’impresa, se dovessero sottoporsi a procedure distinte con condizioni di accesso e termini “.
La direttiva fornisce, quindi, la definizione di “esdebitazione integrale” (art. 2, co. 10) (NOTA 9) e dà negli artt. 20 e 21 le indicazioni a proposito di “accesso” e di “termini”. La lettura di queste regole suscita comunque la sensazione di una consonanza fra la logica propria del “codice” e quella dichiarata dal provvedimento dell’UE.
NOTA 1 – Il “codice” disciplina l’istituto della esdebitazione agli artt . da 278 a 283.
NOTA 2 – Nel nuovo “codice” il “concordato minore” è disciplinato dagli artt. 74-83; la “ristrutturazione dei debiti del consumatore” negli artt. 67-73; la “liquidazione controllata” negli artt. 268-277.
NOTA 3 – L’introduzione dei tre istituti corrispondeva alla necessità di individuare, in tempi di forte crisi economica e finanziaria, soluzioni capaci di permettere ai privati non imprenditori e non fallibili sovraindebitati di pagare i creditori nei limiti consentiti con cancellazione dei debiti non soddisfatti e possibilità di una fresh start. Nelle due procedure dell’accordo con i creditori e del piano del consumatore questo effetto è implicito nella legge, che si limita a ribadire che, come nel concordato, l’accordo o il piano sono vincolanti per tutti i creditori pregressi e a porre il divieto delle azioni esecutive e cautelari dopo l’omologa. Nella “liquidazione del patrimonio” il legislatore del 2012 regola espressamente l’esdebitazione, richiedendo, oltre alla domanda del debitore, una serie di condizioni che si rifanno a quelle previste dagli artt. 142 ss. L.F. per l’esdebitazione della persona fisica che sia stata dichiarata fallita.
NOTA 4 – Nella prima parte della Sezione I del Capo X, che va dall’art. 278 all’art. 280, è trattata l’esdebitazione nella liquidazione giudiziale e nella liquidazione controllata, l’art. 281 riguarda esclusivamente la “liquidazione giudiziale”, negli artt. 282-283 è trattata l’esdebitazione per la sola liquidazione controllata per il sovraindebitato.
NOTA 5 – Così, ad es., D. Vattermoli, “L’esdebitazione nel passaggio dalla legge fallimentare al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.
NOTA 6 – L’art. 142 L.F. stabilisce, per il fallimento, che l’esdebitazione non possa essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali; l’art. 14 terdecies della legge 27 gennaio 2012, n.3, richiede come “condizione per l’esdebitazione” che siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione. In entrambe le norme manca però l’indicazione di una misura minima di soddisfacimento, né risulta in alcun modo se debbano essere interessate al soddisfacimento tutte le categorie di imprenditori. L’opinione prevalente si è mossa nel senso che sia sufficiente il soddisfacimento dei creditori privilegiati, non risultando necessario il soddisfacimento anche solo minimale dei creditori chirografari. Quanto alla misura minima del soddisfacimento, prevale, sia pure con articolazioni diverse, la richiesta di effettuare caso per caso una valutazione comparativa fra l’entità dei pagamenti eseguiti e il passivo complessivo.
NOTA 7 – D. Vattermoli, op. cit.
NOTA 8 – La direttiva riguarda “i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza”),
NOTA 9 – Questo il testo dell’art. 2, co. 10: “esdebitazione integrale “è l’impossibilità di far valere nei confronti di un imprenditore i debiti che possono essere liberati, oppure la cancellazione dei debiti insoluti che possono essere liberati in quanto tali, nel quadro di una procedura che può prevedere la realizzazione dell’attivo o un piano di rimborso o entrambe le opzioni.
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